Il porfido: l'oro rosso

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Quella del porfido è attualmente l'industria più importante della Val di Cembra. È stato grazie alla sua estrazione ed al relativo indotto che nell'ultimo secolo la vallata ha conosciuto uno sviluppo ed una prosperità senza precendenti.
La necessità di trasportare questo minerale, grezzo o semilavorato, ha anche dato l'impulso per la costruzione di nuove strade, contribuendo ad interrompere il secolare isolamento della valle.

Le prime cave di porfido del Trentino-Alto Adige furono aperte ad Ora (Auer) e Bronzolo (Branzoll) nel 1880.
In Val di Cembra l'attività è iniziata nei primi anni del XX secolo, ma la coltivazione del porfido cembrano ha conosciuto la sua maggior crescita soprattutto nel secondo dopoguerra: questa pietra rossiccia, utilizzata nel settore dell'edilizia, viene estratta sotto forma di grossi lastroni, particolarmente adatti ad essere trasformati in cubetti per pavimentazione o in larghe pietre piane; buona parte della pietra estratta è destinata all'esportazione. Nei comuni del cosiddetto distretto del porfido (Albiano, Fornace, Baselga e Lona-Lases, tutti sulla sponda sinistra della valle), la maggior parte dei lavoratori non agricoli è ora impegnata in attività connesse a questa industria. Altre cave si trovano anche nella sponda destra, soprattutto nella zona del Rio Scorzai, presso Cembra.

Nel passato chi trovava giacimenti sfruttabili nei propri terreni, aveva fra le mani una vera e propria fortuna: di solito queste proprietà venivano trasformate in cave, sia che fossero campi coltivati o boschi; ora, invece, le amministrazioni comunali sono molto più restìe ad accordare concessioni di scavo.


L'estrazione del porfido 1


Negli scorsi anni '80 è stato stampato un libro interamente dedicato all'industria dell'estrazione e della lavorazione del porfido in Trentino, spesso con toni fortemente critici, (L'oro rosso, a cura di Walter Ferrari e Carolina Andreatta), il cui titolo ho preso in prestito per dare il nome a questa pagina 2. Quest'opera ci fa ricordare che, come in ogni cosa, anche per il porfido cembrano c'è il rovescio della medaglia: in questo caso si tratta dell'impatto ambientale e delle malattie professionali (soprattutto la silicosi) che in particolar modo nel passato colpivano i lavoratori delle cave e delle industrie di lavorazione.
Solo negli ultimi anni, infatti, sono stati adottati dispositivi che abbattono drasticamente le polveri: essi, pur non eliminando del tutto le malattie, ne hanno diminuito grandemente l'incidenza.
Inoltre, proprio in questo periodo (novembre/dicembre 2004), sono in corso riunioni al fine di dotare le miniere di nuovi macchinari estrattivi che dovrebbero ridurre di molto il carico sulla spina dorsale dei cavatori.


2  Nota: oltre al porfido, l'espressione “oro rosso” in Italia è talvolta associata ad altri prodotti: per esempio in Toscana c'è chi chiama così la carne della mucca chianina.



La posa del porfido


Siccome quello nelle cave è sempre stato un lavoro duro, gli immigranti sono stati tradizionalmente la "colonna portante" delle operazioni di scavo: negli anni ’50 del XX secolo erano soprattutto i Calabresi che lavoravano in cava. Spesso essi si sono bene integrati nel tessuto cembrano ed in seguito in molti casi hanno ottenuto concessioni per lo sfruttamento in proprio di miniere di porfido. Ai giorni nostri sono i Cinesi i nuovi cavatori in Val di Cembra e, forse, i proprietari di miniere nel futuro.


Link al sito dell'Ente Sviluppo Porfido:  www.porfido.it.

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© 2004, Fabio Vassallo